Marketing e Chiesa: un vero peccato

È un vero peccato che la Chiesa abbia perso il treno del marketing


Si potrebbero dire tante cose su quest'affermazione che soggiace a tutto il libro di Bruno Ballardini: Gesù lava più bianco, ma è proprio vero: la Chiesa non è più trendy e ha dilapidato il suo stupefacente bagaglio di marketing, che l'aveva resa grande nei secoli.
Se ci si pensa, aveva tutto: brand, logo, reseller, cultura, influencer, punti vendita capillari, come nessun'altra istituzione al mondo. Anzi, è stata sicuramente la prima, la perfetta, la migliore.
Ecco cosa l'ha resa, fin dai primi secoli, leader mondiale del brand positioning:

  • Logo: la croce, conosciuta universalmente e presente su ogni campanile, sul petto di Lady Gaga, tatuata persino dai suoi nemici su braccia, schiene e gambe. Meglio della mela di Apple o della virgola di Nike.
  • Reseller capillari: in ogni parte del mondo tu trovi un "punto-vendita" (le chiese e le cappelle) dove trovi stesso messaggio, stessa struttura (ben prima di Ikea), stessa disposizione: i banchi, l'altare, le statue universalmente disposte nel medesimo modo.
  • Marketing locale. Sì, ogni parrocchia sa bene cosa desiderano e chi sono i suoi clienti e per loro organizza eventi speciali e contestualizzati culturalmente. Meglio di Amazon.
  • Brand: la Chiesa Cattolica è una. Non sono permesse varianti. C'è persino un organo di controllo qualità (i Concili) che definisce ciò che fa parte della filosofia aziendale e ciò che non è Chiesa (e per questo ogni variante va perseguitata come nemica del brand). Decisamente più unica che BMW.
  • Influencers: i santi (che in vita hanno avuto vita dura), sono esaltati e beatificati perché grandi sostenitori del brand, nonostante tutto. La loro vita esemplare li ha resi modelli da imitare. Il culto della personalità è permesso con santini, canzoni dedicate, pellegrinaggi sui luoghi della loro vita. Persino gli oggetti da loro usati sono esaltati dai fan. Altro che Elvis!
  • Voice. La Chiesa ha un unico codice linguistico (il latino) parlato in tutto il mondo, che rende persone di razze e culture diverse perfettamente dialoganti tra loro. I termini sono univoci e non ci sono interpretazioni sui valori aziendali. Molto più universale del common English.
  • Sigla: il gregoriano era la colonna sonora di ogni evento ed era riconoscibile in tutto il mondo. Justin Bieber avrebbe solo da provare invidia.
Insomma, potrei continuare a lungo (invito a leggere il buon Ballardini): la Chiesa era un perfetto modello di marketing. L'ha inventato lei, dai tempi di san Paolo.

Mons. Ernesto Vecchi nel 1997: "Il marketing? Ha cominciato Gesù, già duemila anni fa..."
Ma ora non è più sul pezzo. Nel giro di 40 anni questo immenso patrimonio è stato dilapidato in favore di una babele architettonica, liturgica, linguistica, culturale, dottrinale, senza precedenti.
Non entro nel merito (già fatto) dell'opportunità di una simile operazione dal punto di vita ecclesiastico o dell'evangelizzazione, ma mi unisco al coro degli intellettuali di tutto il mondo che il 5 settembre 1966 fecero uscire un primo appello a Paolo VI per la salvaguardia della liturgia latino-gregoriana (tra cui Jorge Luis Borges, Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale, Giorgio De Chirico, Robert Bresson, Jacques Maritain, François Mauriac, Gabriel Marcel e molti altri). 
Jenny Belardo
A questo coro dovrebbero unirsi ora anche i marketing manager di tutto il mondo: ridateci il modello di sempre e tenetevi le vostre chitarre, che ormai non se le fila più nessuno, sono démodé e sanno di anni '70, di capelli lunghi e di vecchi ormai decrepiti. Insomma, tornate al marketing che funziona.
Dovremo attendere un Jenny Belardo che capisca queste cose? Non per nulla questo strano Papa americano lo ha inventato un genio della comunicazione: un regista, Sorrentino.
Ma, forse, non ha inventato proprio nulla. Basta tornare alle fonti.

Ancora una volta, leggete Ballardini.

Commenti

Post più popolari